venerdì 29 aprile 2016

L'amore che soggioga

“Sono tanto ricco, e il mio sentimento per lei divora tutto; sono tanto ricco, e senza di lei tutto diviene nulla.”
I dolori del giovane Werther, Goethe


Studiando la storia delle letteratura, la cosa che emerge sempre e comunque è la posizione centrale che possiede l’amore negli animi di romanzieri e poeti. Sembra quasi che ne siano totalmente accecati, soggiogati. Da Saffo ad Alda Merini, da Dostoevskij a Sklovskij.. tutti hanno parlato di un amore totalizzante, distruttivo, ossessivo, quasi morboso. Un sentimento che non lascia vita ad altro, ma annienta tutto. Al punto tale che Orlando – nell’Orlando Furioso – perderà il senno: ‘Colui che vinse tutte le altre cose / poi che contra d’amor pur fu perdente’. Un paladino, un guerriero, sconfitto e schiavizzato da uno dei sentimenti più ‘frivoli’ di questa terra: assurdo. Ma l’amore è assurdo, è completamente irrazionale. E quello vero e concreto fa male da morire. Basti pensare a Catullo, che col suo devastante Odi et amo aveva dichiarato una passione che lo sfiniva, facendogli bene e male allo stesso tempo; o ancora a Lucrezio, che nel De Rerum Natura aveva indicato l’amore come la passione distruttiva per eccellenza, quella che dà maggior tormento e dalla quale stare alla larga per ottenere la felicità; o, infine, al futuro Goethe che parlerà di un Werther così spezzato dalla devozione che prova per la sua amatissima Lottie da decidere di mettere fine alla sua vita. E se è vero che l’amore ci devasta, è anche vero che nonostante questo tutti continuiamo ad averne bisogno. Tutti, come lucciole, ne siamo fatalmente attratti. Lo rincorriamo perché è la nostra luce e - come tale - ci rischiara il sentiero, ci mostra la strada giusta da percorrere. Lo diceva Dante nella sua Vita Nova e, successivamente, nella Commedia: Beatrice gli aveva completamente cambiato la vita. Quella selva oscura che lo intrappolava si era convertita in Paradiso insieme a lei. L’amore è la nostra àncora nel momento in cui abbiamo bisogno di aggrapparci a qualcosa per salvarci. E’ ciò che ci tiene in vita. ‘Chè qualunque nel mondo è più orgoglioso / è da Amor vinto, al tutto subiugato / né forte braccio, né ardire animoso / né scudo o maglia, né brando affilato / né altra possanza può mai far diffesa / che al fin non sia da Amor battuta e presa’ (Matteo Maria Boiardo, Orlando Innamorato). E’ inutile sorprenderci: è più forte di qualsiasi altra cosa. E, citando ancora una volta Ariosto: ‘Ah, più tosto manchino i dì miei / ch’io viva più, s’amar non debbo lei’. Non ne possiamo fare a meno. Perché noi siamo composti della stessa sostanza dell’amore. Noi discendiamo dalla forma più pura d’amore. E non stiamo parlando dell’amore per una persona, ma dell’ amor che move il sole e l’altre stelle, l’amore universale. Quello che proviamo per tutto ciò che ci dona emozioni: un film, un libro, un oggetto, un’opera d’arte. Lo stesso che, nonostante ci accechi, nonostante non ci lasci più padroni della nostra identità e della nostra ragione, ci fa andare oltre il visibile. Amore è magia, non è qualcosa di terreno, è soprannaturale donato all’uomo. Posso paragonarti ad un giorno d’estate? – diceva Shakespeare - Ma tu sei più mite,  tu sei di più.. l’amore è sempre di più di tutto ciò che potremmo mai immaginare o scrivere! E se noi facciamo il viaggio senza mai aver amato, non ha senso aver vissuto.
Vivo giorni felici, come quelli che Dio riserva ai suoi Santi; qualunque cosa avvenga di me non potrò dire di non aver goduto le vere, le più pure gioie della vita. […] Ah questo vuoto! Questo tremendo vuoto che sento qui nel petto! … Spesso penso, se potessi stringerla, una sola volta stringerla al cuore, questo vuoto verrebbe colmato.” (Goethe, I dolori del giovane Werther)


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