“Sono tanto ricco, e il mio sentimento per
lei divora tutto; sono tanto ricco, e senza di lei tutto diviene nulla.”
I dolori del giovane Werther, Goethe
Studiando
la storia delle letteratura, la cosa che emerge sempre e comunque è la posizione
centrale che possiede l’amore negli animi di romanzieri e poeti. Sembra quasi che
ne siano totalmente accecati, soggiogati. Da Saffo ad Alda Merini, da
Dostoevskij a Sklovskij.. tutti hanno parlato di un amore totalizzante,
distruttivo, ossessivo, quasi morboso. Un sentimento che non lascia vita ad
altro, ma annienta tutto. Al punto tale che Orlando – nell’Orlando Furioso –
perderà il senno: ‘Colui che vinse tutte
le altre cose / poi che contra d’amor pur fu perdente’. Un paladino, un
guerriero, sconfitto e schiavizzato da uno dei sentimenti più ‘frivoli’ di
questa terra: assurdo. Ma l’amore è assurdo, è completamente irrazionale. E
quello vero e concreto fa male da morire. Basti pensare a Catullo, che col suo
devastante Odi et amo aveva
dichiarato una passione che lo sfiniva, facendogli bene e male allo stesso
tempo; o ancora a Lucrezio, che nel De
Rerum Natura aveva indicato l’amore come la passione distruttiva per
eccellenza, quella che dà maggior tormento e dalla quale stare alla larga per
ottenere la felicità; o, infine, al futuro Goethe che parlerà di un Werther
così spezzato dalla devozione che prova per la sua amatissima Lottie da
decidere di mettere fine alla sua vita. E se è vero che l’amore ci devasta, è
anche vero che nonostante questo tutti continuiamo ad averne bisogno. Tutti,
come lucciole, ne siamo fatalmente attratti. Lo rincorriamo perché è la nostra
luce e - come tale - ci rischiara il sentiero, ci mostra la strada giusta da
percorrere. Lo diceva Dante nella sua Vita
Nova e, successivamente, nella Commedia:
Beatrice gli aveva completamente cambiato la vita. Quella selva oscura che lo intrappolava si era convertita in Paradiso
insieme a lei. L’amore è la nostra àncora nel momento in cui abbiamo bisogno di
aggrapparci a qualcosa per salvarci. E’ ciò che ci tiene in vita. ‘Chè qualunque nel mondo è più orgoglioso /
è da Amor vinto, al tutto subiugato / né forte braccio, né ardire animoso / né
scudo o maglia, né brando affilato / né altra possanza può mai far diffesa /
che al fin non sia da Amor battuta e presa’ (Matteo Maria Boiardo, Orlando
Innamorato). E’ inutile sorprenderci: è più forte di qualsiasi altra cosa. E,
citando ancora una volta Ariosto: ‘Ah,
più tosto manchino i dì miei / ch’io viva più, s’amar non debbo lei’. Non
ne possiamo fare a meno. Perché noi siamo composti della stessa sostanza
dell’amore. Noi discendiamo dalla forma più pura d’amore. E non stiamo parlando
dell’amore per una persona, ma dell’ amor
che move il sole e l’altre stelle, l’amore universale. Quello che proviamo
per tutto ciò che ci dona emozioni: un film, un libro, un oggetto, un’opera
d’arte. Lo stesso che, nonostante ci accechi, nonostante non ci lasci più
padroni della nostra identità e della nostra ragione, ci fa andare oltre il
visibile. Amore è magia, non è qualcosa di terreno, è soprannaturale donato
all’uomo. Posso paragonarti ad un giorno d’estate? – diceva Shakespeare - Ma tu
sei più mite, tu sei di più.. l’amore è
sempre di più di tutto ciò che potremmo mai immaginare o scrivere! E se noi
facciamo il viaggio senza mai aver amato, non ha senso aver vissuto.
“Vivo giorni felici, come quelli che Dio
riserva ai suoi Santi; qualunque cosa avvenga di me non potrò dire di non aver
goduto le vere, le più pure gioie della vita. […] Ah questo vuoto! Questo
tremendo vuoto che sento qui nel petto! … Spesso penso, se potessi stringerla,
una sola volta stringerla al cuore, questo vuoto verrebbe colmato.”
(Goethe, I dolori del giovane Werther)
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